244. Fegatelli, o fegato fasciato. Prendete alquante fette di fegato (il migliore per quest'uso è quello di majale), unite ad ognuna un piccolo pezzo di buon grasso o di lardo, mettendo fra un pezzo e l'altro, pepe, sale e un poco di finocchio: rinvoltateli in reticella di majale e formatene così tante polpette; infilzatele in stecchi di canna sottili, ponendo fra l'una e l'altra una foglia di alloro; mettetele a cuocere con olio, sale e un poco di vino. Quando i fegatelli siano cotti, serviteli o nello stesso sugo, o con agro di limone spremuto, o con salsa piccante di vostro gusto.
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244. Fegatelli, o fegato fasciato. Prendete alquante fette di fegato (il migliore per quest'uso è quello di majale), unite ad ognuna un piccolo pezzo
267. Pollo in umido. Ponete a soffriggere in una casseruola, con alquanto burro, mezza cipolletta trinciata, un po' di sedano, prezzemolo ed una carota. Mettetevi indi il pollo, che avrete già pulito ed accomodato secondo l'uso; salatelo e lasciatelo rosolare bene rivoltandolo di mano in mano nella casseruola; aggiungete allora un poco di brodo bollente, e quando sia a mezza cottura versatevi della conserva o sugo di pomidoro. Lasciate concentrare bene l'intingolo, e servite caldo. Riescirà più squisito il vostro umido, se insieme al brodo unirete al pollo alquanti funghi secchi trinciati.
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carota. Mettetevi indi il pollo, che avrete già pulito ed accomodato secondo l'uso; salatelo e lasciatelo rosolare bene rivoltandolo di mano in mano nella
274. Cervo e daino. La Carne di questi due quadrupedi si ammannisce come quella del capriuolo (n. 271 al 273), al quale si può anche sostituire; ma generalmente non se ne fa sì grande uso.
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360. Piselli col guscio. Si prendono piselli verdi non interamente giunti alla loro maturazione, che perciò hanno il guscio o baccello assai tenero e dolce. Questi, che in Lombardia, dove se ne fa molto uso, si chiamano taccole, si preparano tagliandoli prima alla punta ed al gambo, come si pratica pei fagioletti in erba; si fanno bollire in acqua e sale; quindi si scolano e si rimettono al fuoco in una casseruola con un bel pezzo di burro e formaggio parmigiano grattato, agitandoli e rivoltandoli bene, e dopo pochi minuti si versano in un piatto e si servono.
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dolce. Questi, che in Lombardia, dove se ne fa molto uso, si chiamano taccole, si preparano tagliandoli prima alla punta ed al gambo, come si pratica
Si fanno anche all'uso dei piselli verdi (n. 360), e si può anche, prima di servirli, legarli con due rossi d'uova sbattuti ed un poco di fior di latte.
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Si fanno anche all'uso dei piselli verdi (n. 360), e si può anche, prima di servirli, legarli con due rossi d'uova sbattuti ed un poco di fior di
406. Totani. Si toglie prima loro, tirandolo forte a sè, l'osso sottilissimo della schiena, poi colle forbici si taglia per lo lungo il loro involucro cartilaginoso fendendolo nel mezzo dalla parte di sotto, che è quella più bianca, si puliscono del nero che contengono, di un osso che hanno nella testa, chiamato dente, e degli occhi; quindi si tagliano a pezzi non troppo piccoli, servendosi di preferenza delle forbici, che sono meglio atte e quest'uso; si lavano a più acque, si fanno bene sgocciolare ed asciugare lasciandoli per qualche tempo distesi sur una tavola messa in pendio; indi s'infarinano e si friggono.
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quest'uso; si lavano a più acque, si fanno bene sgocciolare ed asciugare lasciandoli per qualche tempo distesi sur una tavola messa in pendio; indi s
493. Beccafichi. Si fa un eccellente arrosto di beccafichi procedendo nel seguente modo. Tuffate questi uccelli ad uno ad uno nella chiara d'uovo sbattuta, infilzateli ad uso spiede sottile, alternandoli con fettine di pane immerse prima nel latte; cospargeteli di sale fine; poneteli ad un fuoco di fiamma gagliardo, e dopo pochi istanti ungeteli con buon olio d'oliva. Un quarto d'ora di cottura è sufficiente, e si servono caldi. Anche i beccafichi si possono arrostire allo stesso modo dei tordi (n. 489).
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sbattuta, infilzateli ad uso spiede sottile, alternandoli con fettine di pane immerse prima nel latte; cospargeteli di sale fine; poneteli ad un fuoco di
511. Pinzimonio. Si fanno i pinzimonii con i sedani, che vogliono essere scelti bianchi e grossi per questo uso, coi cardoni, coi carciofi, di cui si mangia il girello ed il bianco delle foglie, e coi finocchietti. Si servono questi ortaggi crudi, accomodati in un piatto, dopo averli ben mondati e lavati; e ciascun convitato, dopo essersi servito, si prepara da sè nel proprio piatto il condimento, consistente in olio, pepe e sale; pochi vi aggiungono anche dell'aceto. Così preparato il condimento, si mangia la parte tenera e più bianca di questi ortaggi immergendoveli dentro. Si servono i pinzimonii fra i principii di tavola oppure dopo l'arrosto.
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511. Pinzimonio. Si fanno i pinzimonii con i sedani, che vogliono essere scelti bianchi e grossi per questo uso, coi cardoni, coi carciofi, di cui si
526. Sanguinacci. Trinciate una cipolletta e fatela soffriggere in una casseruola con un poco di grasso di majale ed acqua. Aggiungete indi dello scotennato di majale tagliato a pezzetti in forma di dadi, del sangue egualmente di majale, e latte in proporzione, vale a dire la quarta parte del sangue adoperato; condite con sale fine, spezie, e, se vi aggrada, pinocchi ed uva sultanina mondata. Rimestate, ben bene il tutto insieme, avendo prima ritirata la casseruola dal fuoco, e versate il miscuglio in budelli dello stesso animale, che avrete prima puliti e lavati, legandone con spago le estremità a fine di chiuderli. Così preparati i vostri sanguinacci, li farete cuocere in acqua assai calda per un quarto d'ora senza lasciarle alzare il bollore; indi li ritirerete, e li serberete per l'uso.
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bollore; indi li ritirerete, e li serberete per l'uso.
537. Cervellata. Battete ben bene con una grande coltella 2 chilogr. di grasso di majale e 2 chilogr. di grasso di vitello, ambedue tolti nella lombata, riducendo il tutto come una manteca; aggiungete 4 ettogr. di buon formaggio parmigiano grattato, 30 gram, di pepe in polvere, 30 gram. di spezie, una noce moscata grattata, e 2 ettogr. di sale fine; mescolate ed impastate bene insieme il tutto, ed insaccate questa pasta, col mezzo di apposito imbuto, entro budella di majale, alle quali avrete prima fatto prendere esternamente un color giallo carico, immergendole in un'infusione di zafferano sciolto nell'acqua calda. Ciò fatto, legate queste budella a eguali distanze di circa 15 o 20 centimetri, formandone altrettanti rocchi, e serbate per l'uso.
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3. Lievito. Si sa che il pane deve subire un movimento di fermentazione, determinato da alcune sostanze; il fermento più generalmente adottato è un pezzo di pasta riserbata della precedente infornatura e composta di raschiature della madia, alle quali si aggiunge una piccola quantità di farina, onde dar la consistenza come di una pasta assai densa, e per consegnenza impastata con pochissima acqua. Questa pasta si ravvolge in un pannilino e si conserva fresca, onde non fermenti prima del tempo in cui s'ha da servirsene per la panificazione. Nei paesi dove la birra è la bevanda più usitata, il lievito è di spesso costituito dalla feccia di birra; ma questa, quanto al pane per le famiglie, presenta sì gravi inconvenienti ch'è meglio preferirle il lievito di pasta; per poco che abbia subito gli effetti di un uragano od anche dì un vento umido e caldo, la feccia di birra è soggetta ad alterarsi, ed allora fa il pane più o meno amaro; il pane non leva, o male si sbricciola e forma una massa pesante e compatta. La feccia di birra non serve realmente che ad uso dei fornai di professione, che l'adoprano principalmente per preparare la pasta e formarne dei pani di fantasia. Il giorno precedente a quello in cui si vuol cuocere il pane, il lievito viene stemperato nell'acqua calda o fredda, secondo la stagione; nella state, vi si aggiunge il terzo della quantità totale della farina che deve essere panificata, e la metà nell'inverno. La fermentazione, che tosto si stabilisce, viene eccitata nel verno adoperando dell'acqua calda e ravvolgendo il lievito entro una coperta di lana; nella state poi viene rallentata adoperando dell'acqua fresca, e lasciando il lievito alla scoperto in un luogo fresco.
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realmente che ad uso dei fornai di professione, che l'adoprano principalmente per preparare la pasta e formarne dei pani di fantasia. Il giorno
Si adopera questa cervellata per condirne varie pietanze durante la loro cottura, e massime per il risotto alla milanese (n. 156); al quale uso è quasi esclusivamente riserbata in Lombardia.
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Si adopera questa cervellata per condirne varie pietanze durante la loro cottura, e massime per il risotto alla milanese (n. 156); al quale uso è
539. Zamponi di Modena. Si fanno procedendo in tutto come per i codeghini (n. 538), salvo che, invece d'insaccare l'impasto entro budella, se ne riempiono le zampe stesse del majale che si saranno prima vuotate sino al piede delle ossa e di tutta la carne, di cui anzi si farà uso per farne il battuto. Pongasi però cura di non intaccare in verun modo la pelle o cotenna, la quale dovrà rimanere intiera a guisa di sacco. Quando avrete empite le zampe col descritto impasto o battuto, le cucirete alla parte superiore per chiuderne l'apertura, lasciandovi un cappio di spago per appenderle. Fatele finalmente prosciugare a moderato calore, e servitevene dentro sei mesi dacchè le avrete confezionate.
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riempiono le zampe stesse del majale che si saranno prima vuotate sino al piede delle ossa e di tutta la carne, di cui anzi si farà uso per farne il
538. Codeghino all'uso di Modena. Prendete un chilogr. di cotenne ben pulite di majale, un chilogr. e mezzo di carne nervosa dello stesso animale (la più adattata è quella delle zampe), 10 gram. di cannella fine, mezza noce moscata grattata, 10 gram. di pepe soppesto, 5 gram. di spezie e 80 gram. di sale fine. Tagliuzzate minutamente le cotenne e la carne, battendole con una coltella, unitevi indi tutte le suddette droghe, mescolate ben bene il tutto, ed insaccate in grosse budella di majale legandone le estremità. Così fatti i vostri codeghini, li fascerete in pannilini, e li porrete a prosciugare al moderato calore d'una stufa. Indi serbateli in luogo fresco. Questi non si conservano per molto tempo; per cui devonsi far cuocere e mangiarsi entro i sei mesi della loro preparazione.
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538. Codeghino all'uso di Modena. Prendete un chilogr. di cotenne ben pulite di majale, un chilogr. e mezzo di carne nervosa dello stesso animale (la
556. Charlotte. Il vero nome di questo pasticcio che stiamo per descrivere, sarebbe in buon italiano melata, ma essendo invaso l'uso di appellarlo col suo nome francese, abbiamo adottato questo pur noi a fine di farci meglio comprendere dalla generalità. Ecco pertanto come si prepara la charlotte. Mondate e tagliate in quarti le mele, togliendo loro anche i semi; fatele disfare al fuoco in una casseruola con poco vin bianco, senza lasciarle bruciare; e quando siano divenute quasi una marmellata, aggiungete un terzo del loro peso di zucchero, un poco di cannella in polvere, qualche pezzetto di cedro candito, e lasciate condensare al fuoco rimestando spesso. Allora ritirate la casseruola, e lasciate freddare. Intanto preparate delle fette di pane alquanto sottili, imburratele da ambe le parti immergendole nel burro tiepido, e con queste fette coprite il fondo e le pareti interne d'una forma adattata o d'una semplice casseruola. Così disposta la forma, versatevi dentro la marmellata suddetta fino a riempirla; copritela con altre fette di pane egualmente imburrate, e passate al forno. Quando giudicherete che il pane, di cui è avviluppata la vostra marmellata, sia perfettamente rosolato ed abbia formato una specie di crosta alla charlotte, ritirale la forma dal forno, rovesciatela in un piatto e servite caldo.
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556. Charlotte. Il vero nome di questo pasticcio che stiamo per descrivere, sarebbe in buon italiano melata, ma essendo invaso l'uso di appellarlo
Pel giallo si adopera un'infusione carica di zafferano nell'acqua. Pel violetto si fa uso di carminio in pochissima dose, sciolto in una cucchiajata d'acqua, aggiungendovi qualche goccia d'una soluzione di carbonato di potassa. Pel color rosa si scioglie un grano di carminio in poca acqua, in cui siasi prima sciolta un po' di gomma arabica. Per l'azzurro si prende l'indaco ben macinato, e mezza goccia d'acido solforico; si tiene in luogo caldo finchè abbia avuto luogo la dissoluzione, e si aggiunge mezzo bicchier d'acqua; s'inzuppa in questo liquore della lana ben lavata e pulita, agitandovela per un quarto d'ora, si ritira, e si sciacqua in acqua fresca: poi si fa bollire in poca quantità d'acqua per circa un quarto d'ora; e l'azzurro, abbandonando la lana, colorirà l'acqua. Si ritira allora la lana, si strizza fortemente e coll'acqua che ne sorte si dà il color azzurro agli spumanti, senza renderli punto nocivi. Pel verde si piglia un po' della suddetta acqua azzurra, e vi si aggiunge dell'acqua gialla ottenuta collo zafferano, come abbiam detto sopra.
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Pel giallo si adopera un'infusione carica di zafferano nell'acqua. Pel violetto si fa uso di carminio in pochissima dose, sciolto in una cucchiajata
588. Cialdoni. Stemperate della farina ed altrettanto zucchero con buon latte, od acqua ed un poco di burro liquefatto, riducendo l'impasto alla densità d'una polenta. Aggiungete un uovo o più secondo la densità della pasta, ed aromatizzate con un poco d'acqua di fior d'arancio. Preparata così la vostra pasta, fate scaldare a fuoco gagliardo le forme di ferro fatte appositamente a quest'uso: ponetevi nel mezzo una cucchiajata di pasta, chiudete subito la forma, e rimettetela al fuoco per un momento, rivoltandola acciò la pasta prenda egual colore da ambe le parti; aprite la forma, staccatene il cialdone cotto, ed accartocciatelo intanto che è caldo, ponendolo poi in disparte in luogo asciutto. Rinnovate la stessa operazione finchè vi rimane della pasta, e se avete più forme, adoperatele alternativamente, ponendo la pasta in una, mentre l'altra sta sul fuoco, e viceversa. Osservate che le forme internamente sieno sempre un poco untuose, senza però essere umide.
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vostra pasta, fate scaldare a fuoco gagliardo le forme di ferro fatte appositamente a quest'uso: ponetevi nel mezzo una cucchiajata di pasta, chiudete
596. Istruzioni generali sui sciroppi. Quando si è fatto disciogliere lo zucchero in una certa quantità d'acqua, si è schiumato e chiarificato, e finalmente cotto sino a che il liquido abbia una consistenza tale che scoli lentamente, si è ottenuto il sciroppo più semplice, vale a dire il giulebbe di zucchero. Se invece di acqua pura, si adopera per disciogliere lo zucchero un'acqua saturata di certi principii, come succo di frutta e simili, si avrà il sciroppo della sostanza adoperata. La preparazione dei sciroppi, pertanto, ha per iscopo la conservazione dei succhi di parecchie frutta od aromi, mantenendo a questi l'odore, il sapore, e talvolta il colore loro proprio. Volendo adoperare una decozione, un'infusione o un succo già ben chiarificato, basta sciogliervi zucchero bianchissimo a bagnomaria, che il sciroppo sarà fatto senza altra cottura nè chiarificazione. Il più sovente però si fa cuocere dopo avere sbattuto nel liquido freddo una o più chiare d'uova, e si schiuma durante la cottura. I sciroppi debbono rimanere meno tempo che sia possibile sul fuoco, perchè vi prendono colore. Le bottiglie in cui si serbano i sciroppi debbono essere sempre piene e ben turate; perocchè lasciandole sceme ed aperte, il sciroppo potrebbe fermentare con facilità, nonchè, evaporandone la parte acquosa, si candirebbe, ossia si cristallizzerebbe lo zucchero. I sciroppi si alterano così facilmente quando non sono abbastanza cotti, come quando lo sono troppo; bisogna quindi procurare di raggiungere il grado conveniente di cottura senza oltrepassarlo: molti sono i segni che indicano questo grado, ma il più semplice e più sicuro consiste nella densità del giulebbe. Versandolo dall'alto, esso deve filare come un olio fino, cadere senza spruzzare, formarsi in gocce rotonde, le quali, collocate le une presso alle altre in un piatto, non si ravvicinano che lentamente; infine, soffiando sulla superficie, vi si deve formare una pellicola rugosa. La regola da tenersi per la dose dello zucchero di cui si deve far uso in ciascun sciroppo, sarebbe di mettervene tanto quanto può scioglierne il liquido o succo che si adopera. I succhi acidi ne disciolgono circa 160 gramme per ogni ettogr.; le decozioni e le infusioni ne possono disciogliere un poco più; ma in generale ve ne vuole sempre un po' meno del doppio in peso dei liquidi che si adoprano.
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rugosa. La regola da tenersi per la dose dello zucchero di cui si deve far uso in ciascun sciroppo, sarebbe di mettervene tanto quanto può scioglierne
605. Sciroppo di punch. Prendete 5 ettog. di sciroppo di limone (n. 600); aggiungetevi, prima che sia intieramente raffreddato, venti gocce d'olio essenziale di cedro e mezzo litro di buon rum; ponetelo in bottiglie e conservatelo per l'uso.
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essenziale di cedro e mezzo litro di buon rum; ponetelo in bottiglie e conservatelo per l'uso.
Lo zucchero non deve esser messo nell'acquavite, nè nello spirito, poichè non vi si scioglierebbe perfettamente; ma lo si dovrà prima lasciare imbevere d'acqua pura, per aggiungerlo dopo al liquore. Talvolta pongonsi alcune sostanze nello zucchero, mentre altre macerano nell'acquavite, e si riunisce poscia i due miscugli per comporre il ratafià. Ma qualunque sia il metodo che si tiene, non debbesi mai adoperare che zucchero raffinato e di ottima qualità. Parimente non debbesi far uso che d'acquavite di gran forza e ben fabbricata, perchè si satura meglio delle particelle aromatiche delle sostanze che vi si fanno macerare. È pure assai vantaggioso di fare uso di spirito a 33 gradi, quando si preparano ratafià con materie che han molto odore e sapore, e per conseguenza quando si farà uso di olio essenziale. In questo caso lo zucchero che vi si aggiunge debb'essere disciolto e ridotto a siroppo in tanta acqua, quanto fu lo spirito impiegato. Si possono pure preparare i ratafià collo spirito senza aver bisogno di sciogliere lo zucchero in altrettanta acqua; locchè avviene quando si opera con frutta rosse, le quali hanno molto succo in cui può sciogliersi assai bene lo zucchero.
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qualità. Parimente non debbesi far uso che d'acquavite di gran forza e ben fabbricata, perchè si satura meglio delle particelle aromatiche delle
Bisogna premurosamente evitare, nella preparazione dei ratafià, di far uso di alcun vaso di metallo, come a dire di rame, di stagno, ecc. Gli alberelli, di terraglia o di vetro, le pentole ben verniciate ed i vasi di majolica o di vetro d'ogni specie sono quelli di cui dobbiamo servirci.
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Bisogna premurosamente evitare, nella preparazione dei ratafià, di far uso di alcun vaso di metallo, come a dire di rame, di stagno, ecc. Gli
650. Filtrazione dei liquori. I ratafià e qualunque altro liquore non filtrati, sarebbero densi, o almeno torbidi; il che torrebbe loro tutta la bella apparenza e parte del buon sapore che debbono avere. La carta è il mezzo più adatto a filtrare i liquori, ed a renderli più fluidi. Si trovano in commercio filtri di carta fabbricati espressamente, e di questi devesi far uso di preferenza. L'apparato per la filtrazione è semplicissimo: si mette un imbuto di vetro (non adoperatene mai di latta o d'altro metallo) infilato in apposito sostegno, consistente in un grande anello o cerchio di legno, di balena, o di metallo conficcato al muro o sorretto da adattato meccanismo, e dentro all'imbuto si dispone un filtro di carta opportunamente piegato in forma conica; indi si mette sotto al collo dell'imbuto la bottiglia o vaso in cui vuolsi far cadere il liquore, e si versa questo dentro al filtro. Se il liquore contiene delle sostanze solide in infusione, o delle polveri aromatiche, queste col procedere della filtrazione si accumuleranno sul filtro e ne lo impasteranno in modo che il liquore non passerà più che a stento e lentamente. In questo caso si deve sostituire un nuovo filtro e continuare l'operazione.
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commercio filtri di carta fabbricati espressamente, e di questi devesi far uso di preferenza. L'apparato per la filtrazione è semplicissimo: si mette un
Per il pollame, pei selvatici, per le lepri e pei conigli il processo migliore, di facile esecuzione, e praticabile dovunque, è quello del carbon di legna: si sceglie all'uopo del carbone secco, e che facilmente si spezzi. Volendo conservare con questo metodo ogni specie di carne, bisogna ricoprire di uno strato di polvere del detto carbone il fondo del vaso che si vuole adoprare; questo può essere di vetro, di terra o di legno: ma l'ultimo è fra tutti il meno buono per l'uso indicato. Si pone la carne su questo stratto di carbone: si riempie il vaso di detta polvere in modo che il carbone non permetta alla carne di toccare le pareti in alcun modo, quindi si chiude ermeticamente e si pone in luogo ben secco. Con questo processo si possono conservare per più di un mese le carni senza che soffrano. Quando queste carni si vogliono adoperare per la cucina, si debbono lavare diligentemente per toglierne tutta la polvere che vi resta aderente.
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fra tutti il meno buono per l'uso indicato. Si pone la carne su questo stratto di carbone: si riempie il vaso di detta polvere in modo che il carbone
651. Ratafià d'anici. Triturate in un mortajo un ettogr. d'anici verdi, 5 o 6 semi d'anice stellato, e 25 gram. di coriandoli; ponete il tutto in un vaso colla scorza di due limoni e quattro litri d'acquavite, o due litri di spirito a 33 gradi. Lasciate infondere per un mese, avendo prima turato bene il vaso; in capo a questo tempo colate il liquore ed aggiungetevi 6 ettogr. di zucchero sciolto in pochissima acqua se avrete adoperato acquavite, ovvero in due litri d'acqua se avrete invece fatto uso di spirito. Filtrate indi il liquore, e riponetelo in bottiglie, che turerete e sigillerete.
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, ovvero in due litri d'acqua se avrete invece fatto uso di spirito. Filtrate indi il liquore, e riponetelo in bottiglie, che turerete e sigillerete.
656. Ratafià di cedro. Si prepara questo liquore allo stesso modo che il perfetto amore (n. 674), facendo anche uso di limoni invece che di cedri; ma non adoperando cocciniglia, imperocchè il ratafià deve riuscire bianco e non rosso come l'altro. Si può pure adoperare la scorza di 12 cedri per la stessa dose d'acquavite e di zucchero.
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656. Ratafià di cedro. Si prepara questo liquore allo stesso modo che il perfetto amore (n. 674), facendo anche uso di limoni invece che di cedri; ma
676. Kirsch-wasser all'uso domestico. Prendete noccioli di ciriegie, che romperete e getterete insieme colle loro mandorle nell'acquavite, lasciandoveli infondere fino al tempo in cui maturano le albicocche: allora aggiungerete al miscuglio una quantità di noccioli di questo frutto, senza le mandorle, e lascierete infondere per altri due mesi. Scorso questo tempo filtrate il liquore, il quale riescirà assai eguale al vero kirsch-wasser, che si vende carissimo, ed avrà per lo stomaco le stesse qualità.
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676. Kirsch-wasser all'uso domestico. Prendete noccioli di ciriegie, che romperete e getterete insieme colle loro mandorle nell'acquavite
Si potrebbe credere che l'uso della polvere di carbone potesse render costoso questo processo, ma non può essere così, giacchè la medesima polvere può servire più volte; basta solo lavarla nell'acqua, ed esporla al sole od all'aria per farla seccare. Volendola però cambiare, si adopera quella già usata per abbruciare.
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Si potrebbe credere che l'uso della polvere di carbone potesse render costoso questo processo, ma non può essere così, giacchè la medesima polvere
Volendo dare al rosolio l'odore di gelsomini, o di viole, o di mugherini, o di qualunque altro fiore di cui non si trovi l'essenza, si porranno i fiori stessi (freschie in quantità sufficiente) in infusione per 12 ore nello spirito in vaso ben chiuso, adoperando poi questo spirito amatizzato in luogo dello spirito semplice per l'uso del vostro rosolio. Per dare il colore ai diversi rosolii, vi servirete delle ricette indicate già al num. 573.
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luogo dello spirito semplice per l'uso del vostro rosolio. Per dare il colore ai diversi rosolii, vi servirete delle ricette indicate già al num. 573.
688. Bevande acidulate. Il succo di certe frutta, come ribes, ciriege, lamponi, arance, limoni, misto con zucchero ed acqua, fornisce una bibita aggradevole e refrigerante. Per comporre queste bevande si può far uso indifferentemente del succo spremuto dal frutto fresco, a cui si aggiunge sufficiente dose di zucchero in un bicchiere; ovvero anche si può adoperare il sciroppo già preparato col frutto prescelto (vedi all'articolo Sciroppi), colmando il bicchiere, in un caso o nell'altro, con acqua gelata. Preferendosi, o potendosi far uso dei frutti freschi, se ne deve sempre spremere il succo a traverso un pannolino od uno staccio di seta, onde non cadano nel bicchiere i semi e la feccia dei frutti, e possa il succo passare limpido. Per regola generale si aggiunge acqua in dose quattro o cinque volte maggiore del succo o sciroppo adoperato; stando poi alla volontà delle persone il fare le dette bibite più o meno cariche di succo, o più o meno dolci.
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aggradevole e refrigerante. Per comporre queste bevande si può far uso indifferentemente del succo spremuto dal frutto fresco, a cui si aggiunge
Il processo migliore per fare infondere il caffè, è quello di servirsi di caffettiere a filtro, che sono comodissime, spicciative, e danno un'infusione profumata e limpida. Essendovi oggigiorno in commercio tante specie di tali caffettiere e potendone ognuno imparare l'uso facilmente, non staremo a descriverne nè la forma, nè la maniera di adoperarle, che lungo sarebbe e tedioso. Solo diremo che le caffettiere, vasi o macchinette che sieno, filtranti, specialmente se di latta, esigono una minuziosa cura e pulizia: non solo non si deve mai lasciarvi freddare e rimanere lungo tempo il liquido, ma è indispensabile nettarle ed asciugarle dopo ogni singola infusione.
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'infusione profumata e limpida. Essendovi oggigiorno in commercio tante specie di tali caffettiere e potendone ognuno imparare l'uso facilmente, non staremo a
694. Infusione di tè. Vi sono molte specie di tè le quali tutte possono ridursi a due classi principali: il tè verde, ed il tè nero. Quello verde è fortissimo e agisce sui nervi; il nero è più dolcificante. Coloro che fanno molto uso di tè, sogliono mescolare metà del verde con metà del nero; ma l'uso esclusivo dei tè neri è sempre preferibile. L'infusione di questi è più leggiera, più delicata, e il profumo n'è più soave. Sono i tè neri quelli che generalmente si adoprano per le colazioni, e specialmente il tè Souchong, misto col tè Pecco a punte bianche. Per ottenere un buon risultato nell'infusione dei tè, occorrono certe condizioni. È importante dapprima non servirsi che di un vaso esclusivamente destinato a tal uopo, e quelli di metallo inglese sono preferibili a qualunque altro. Questo metallo, che congiunge alla solidità la lucidezza dell'argento, conserva più lungamente il calore dell'acqua al suo più alto grado. Quanto alla quantità di tè da infondere è generalmente di un cucchiajo da caffè per ogni tazza che si voglia apparecchiare. Prima di porre il tè nel vaso, bisogna aver cura di riscaldar questo con acqua bollente che vi si lascia per alcuni minuti: giova del pari far altrettanto colle tazze nelle quali deve essere versata l'infusione. Dopo ben sgocciolato il vaso, vi si pone la quantità conveniente di tè, nella proporzione sopra indicata. Quando l'acqua è bollente, se ne versa la metà sul tè per facilitarne lo svolgimento della fogliuzza incartocciata: si lascia infondere per alcuni minuti, si aggiunge l'altra quantità d'acqua, sempre mantenuta in stato bollente, poi si versa l'infusione sullo zucchero nelle tazze, mescolandovi, se si vuole, per ogni tazza alquanto fior di latte freddo, ovvero un liquore spiritoso, come del rum o del kirsch-wasser.
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fortissimo e agisce sui nervi; il nero è più dolcificante. Coloro che fanno molto uso di tè, sogliono mescolare metà del verde con metà del nero; ma l
Il cavolo non conviene alle persone irritabili, nè ai convalescenti. Avendo cura di gettar via la prima acqua in cui si fa bollire, lo si priverà di quel principio acre che fa provare alle persone sedentarie delle acidità e un gran sviluppo di gas. I cavoli cappucci preparati all'uso tedesco (sauer-kraut) hanno virtù nutritizie ed antiscorbutiche, che li rendono preferibili nell'uso comune. I cavoli fiori presentano meno inconvenienti degli altri cavoli, e forniscono un alimento dolce e poco nutriente.
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quel principio acre che fa provare alle persone sedentarie delle acidità e un gran sviluppo di gas. I cavoli cappucci preparati all'uso tedesco (sauer
714. Alimenti erbacei. La bietola, gli spinaci, sono alimenti leggieri e di facile digestione quando sieno cotti; ma tuttavia nutriscono poco. La lattuga, l'indivia, la cicoria, il cardone, sono erbaggi di cui si può fare maggior uso che dei precedenti.
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lattuga, l'indivia, la cicoria, il cardone, sono erbaggi di cui si può fare maggior uso che dei precedenti.
Del pane, il più necessario degli alimenti, che si compone particolarmente di fecola, è da preferirsi quello di frumento, perchè più leggiero e di facile digestione. Gl'individui grassi e pingui devono mangiarne poco; quelli magri e dati alla vita laboriosa ed attiva potranno farne un uso più abbondante.
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facile digestione. Gl'individui grassi e pingui devono mangiarne poco; quelli magri e dati alla vita laboriosa ed attiva potranno farne un uso più
715. Piante aromatiche. La carota, sebbene sia cibo sano e nutriente, ha un sapore troppo pronunciato, e non conviene a tutti gli stomachi: devesi quindi preferibilmente adoperarla come condimento, perchè si addice meglio a quest'uso che come alimento. Il sedano cotto è di facilissima digestione; crudo resta un poco pesante. L'aglio, la cipolla, il porro, lo scalogno, sono anch'esse sostanze da adoperarsi più come condimento che come cibi, perchè irritano facilmente lo stomaco e sono poco digeribili.
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quindi preferibilmente adoperarla come condimento, perchè si addice meglio a quest'uso che come alimento. Il sedano cotto è di facilissima digestione
I tartufi, specie di funghi sotterranei, riscaldano assai, danno poca nutrizione e sono difficili a digerirsi. Se ne faccia perciò un uso assai limitato, e di preferenza si adoperino come condimento.
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I tartufi, specie di funghi sotterranei, riscaldano assai, danno poca nutrizione e sono difficili a digerirsi. Se ne faccia perciò un uso assai
716. Dei fungiti e dei tartufi. I funghi offrono un alimento riscaldante, che viene sopportato soltanto dagli stomachi robusti. La qualità nociva e velenosa che trovasi in molte specie di funghi, fa sì che se ne debba far uso assai cauto e moderato.
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velenosa che trovasi in molte specie di funghi, fa sì che se ne debba far uso assai cauto e moderato.
722. Delle uova e del latte. Le uova migliori e generalmente in uso sono quelle di gallina; offrono esso un alimento altrettanto dolce quanto nutriente per ogni persona; ma se sono cotte di troppo, l'albumina ne indurisce soverchiamente, ed allora riescono indigeste per gli stomachi meno forti.
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722. Delle uova e del latte. Le uova migliori e generalmente in uso sono quelle di gallina; offrono esso un alimento altrettanto dolce quanto
12. Vitello ad uso del tonno marinato. Si prende una fetta di vitello di sei settimane, si taglia in pezzi e si getta nell'acqua bollente, e vi si aggiungono delle foglie di lauro e del sale che provengano dalla salagione del merluzzo, delle aringhe o d'altro pesce salato. Quando la carne è stata in fusione per due ore in quest'acqua, si fa sgocciolare, s'impolvera con sale macinato e si batte con un pala di legno affinchè il sale penetri. Nel fondo del vaso nel quale si vuole conservare si mettono due alici, e poscia i pezzi di carne di vitello, indi si riempie d'olio d'oliva di buona qualità.
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12. Vitello ad uso del tonno marinato. Si prende una fetta di vitello di sei settimane, si taglia in pezzi e si getta nell'acqua bollente, e vi si
Desiderando di conservare più lungamente il latte, conviene fare uso del processo Appert. Consiste questo nel concentrarlo a bagnomaria, e schiumarlo più volte. Quando è ridotto a due terzi, si passa per uno staccio, si chiude in bottiglie ermeticamente, e si sottopone al calore del bagnomaria per un'ora. Noi osserviamo che l'operazione di concentrare il latte a bagnomaria e schiumarlo, è indispensabile, giacchè ha per iscopo di conservare le sue parti sostanziose diminuendone il volume. Il latte può essere messo in bottiglie anche appena munto, senza bisogno di concentrazione, e solo deve essere esposto al bagnomaria come di sopra si è detto. Dopo di un certo tempo la crema o fior di latte si separa; quindi per adoperare il latte devesi levare dalla bottiglia, e farlo bollire, affinchè il fiore si rimescoli nuovamente alla massa. Quest'operazione Si sopporta benissimo dal latte senza che soffra menomamente. Il latte conservato in tal guisa fu trovato proprio dopo due anni a tutti gli usi della vita, meno quello di fare il burro.
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Desiderando di conservare più lungamente il latte, conviene fare uso del processo Appert. Consiste questo nel concentrarlo a bagnomaria, e schiumarlo
24. Saur-kraut. È così chiamato in tedesco il cavolo preparato colla salamoja, e significa cavolo acido. Si fa uso ordinariamente del cavolo cappuccio, le cui foglie sieno serrate e bianche; si levano a questi cavoli le foglie verdi col gambo, si tagliano in strisce sottili, e queste si distendono sopra una tela affinchè asciughino. Per preparare il saur-kraut si adopera un barile. Se ha già servito pel vino o per l'acquavite riesce migliore; ma se ha servito per altro uso bisogna lavarlo diligentemente con acqua di calce bollente, onde togliergli l'odore che acquista restando vuoto. Lo stesso si pratica se il barile è nuovo.
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24. Saur-kraut. È così chiamato in tedesco il cavolo preparato colla salamoja, e significa cavolo acido. Si fa uso ordinariamente del cavolo
La scelta e l'uso giudizioso dei condimenti, la semplicità dei processi, la cura in ogni più minuta cosa che riguarda l'arte di ben cucinare con giusta economia, ecco quanto ebbe in mira il Compilatore di questo nuovo libro, al quale perciò confidiamo non sarà per mancare il favore d'una benevole accoglienza.
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La scelta e l'uso giudizioso dei condimenti, la semplicità dei processi, la cura in ogni più minuta cosa che riguarda l'arte di ben cucinare con
Osservate però che tutti questi erbaggi debbono essere prima scottati in acqua bollente e dipoi quasi finiti di cuocere in una casseruola con butirro, sale, droghe, e cipolla soffritta ben battuta, unendovi del sugo (n. 34) se ne avete, perchè vengano più saporiti. Se il vostro ripieno divenisse un poco troppo liquido, mettetevi del pan grattato in proporzione dell'uso che ne vorrete fare.
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poco troppo liquido, mettetevi del pan grattato in proporzione dell'uso che ne vorrete fare.
108. Tortelli alla bolognese. Prendete alquanta pasta fatta in casa, e col matterello formatene delle sfoglie sottilissime (n. 107); disponetevi sopra con un cucchiaino, a piccole porzioni, il battuto descritto al n. 61, lasciando fra esse uno spazio di due dita, a fine di poter ripiegare la pasta sopra sè stessa e chiudere così il ripieno dopo aver separato ogni tortello mercè una rotellina tagliente fatta per l'uso. Si abbia però cura che i lembi della pasta si attacchino bene fra loro, onde nel cuocere i tortelli non s'abbiano ad aprire. Si gettano nel brodo quando questo bolle, e si lasciano cuocere per 20 minuti a fuoco gagliardo.
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sopra sè stessa e chiudere così il ripieno dopo aver separato ogni tortello mercè una rotellina tagliente fatta per l'uso. Si abbia però cura che i
Prendete alquanto riso ben lavato, tenetelo al fuoco con poca acqua, fino al punto che sia ben impregnato, ed abbia prosciugato quasi tutto l'umido; allora fatelo sgocciolare del tutto, stendetelo sopra alcuni fogli di carta, e lasciatelo seccare al sole; quando sarà ben secco pestatelo in un mortaio. Avrete così un'eccellente farina già cotta, la quale basterà soltanto stemperare e legare con brodo bollente per farne quell'uso che desiderate.
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mortaio. Avrete così un'eccellente farina già cotta, la quale basterà soltanto stemperare e legare con brodo bollente per farne quell'uso che desiderate.
170. Agliata piccante. Prendete molti spicchi d'aglio mondi, ed unite loro una quantità d'olio: ponete il tutto in un mortajo, e schiacciate bene l'aglio comprimendo molto il fondo di detto mortajo col pestello, che girerete sempre in tondo per lo spazio di un quarto d'ora, più o meno, finchè non siasi formata una specie di crema. Di questa si fa molto uso pei lessi di magro.
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siasi formata una specie di crema. Di questa si fa molto uso pei lessi di magro.